CITTA’ E PARTECIPAZIONE

Posted: Settembre 21st, 2011 | Author: | Filed under: General | Commenti disabilitati su CITTA’ E PARTECIPAZIONE

Viviamo in tempi alquanto strani se non ce ne fossimo già accorti. Tempi in cui la popolazione si dovrebbe chiedere se e quanto ancora possa essere definita sovrana, siamo gli spettatori di un periodo storico nel quale il legame tra chi rappresenta e chi, invece, è rappresentato non solo si va distanziando, ma tende ad assottigliarsi, prefigurando la sua scomparsa. Il filo conduttore, la delega politica, intrecciato e stretto con i governanti da parte del popolo è costantemente in tensione, pronto a spezzarsi a causa dei primi che infrangono costantemente il legame di fiducia che li stringe ai propri elettori. Al di fuori del processo elettorale il ruolo del popolo è meramente passivo nelle democrazie della delega. Per comprendere i meccanismi della politica ci basta richiamare la logica economica mondo capitalistica; nella quale per ottenere A bisogna fare e dire NON-A. Tale logica sembra poter sussumere il processo politico più di ogni altra, a partire dai contesti globali fino a raggiungere quelli locali. Se l’economia globalizzata, infatti, per ottenere nuovi posti di lavoro ne sopprime altri dove i costi risultano maggiori, allo stesso modo molti esponenti di partiti per ottenere una cosa ne dichiarano un’altra. Quando parliamo di politica però il congegno si fa più complesso e sfumato; non solo si dichiara NON-A per ottenere A, infrangendo così il legame politico con il rappresentato, ma si maschera il proprio operato con iniziative di facciata volte a legittimare le proprie scelte. In questo modo si raggiunge l’obiettivo, mostrando solo ciò che appare in superficie, celando la logica da cui si viene guidati. Una negazione della negazione in sostanza. D’altronde “l’arte” di molti politici sembra proprio quella di far coincidere il volere dei potentati economici con un vago concetto di “interesse generale”, difficilmente afferrabile.

Certamente anche il contesto locale non sfugge a queste dinamiche.

Un’amministrazione che dichiaratamente si pone di voler accrescere le politiche partecipative nel proprio territorio, che si dà l’obiettivo della diffusione dei propri poteri verso il basso, in realtà opera in maniera diametralmente opposta. Ad una primavera nella quale sono stati sventolati i Consigli di Quartiere come nuovo organo della democrazia partecipativa, è seguita un’estate caratterizzata da una gestione territoriale fatta di un potere imposto dall’alto. Un potere sordo alle istanze, alle richieste e alle proposte dei propri cittadini e portatore di logiche di partito, che si dimostrano sempre più guidate da potentati locali o interessi individuali. Non possiamo di certo illuderci che sia stata colpa del caldo intenso se si è detta una cosa e se ne è fatta un’altra. Il formidabile “colpo di genio” di voler costruire una casa di riposo ex-novo da affidare ai privati, sottraendo terreni didattici all’istituto Vivarelli e la scelta insidancabile dello spazio in cui edificare la nuova caserma di polizia, sacrificando l’attuale pista di pattinaggio, sono parte dello stesso modo di fare politica. Sono la faccia reale di una classe che si finge interlocutrice, ma che resta chiusa in sé stessa. E’ l’ambivalenza di Giano, divinità romana dalle due facce che guarda caso dà il nome al fiume della nostra città, per anni discarica abusiva legalizzata per le industrie nonostante la “spiccata” sensibilità ambientale della giunta. Gli esempi precedenti delineano un quadro fatto di decisioni prese dall’alto e dal sistematico rifiuto di ascoltare chi ne basso è costretto a restare. Decisioni che non solo risultano imposte ed antipopolari, ma che si manifestano nella loro assoluta divergenza dall’idea (reale) di interesse collettivo, della quale la politica si dovrebbe fare portavoce. Sono scelte inefficienti ed antieconomiche, nel senso che alle costruzioni ex-novo si dovrebbe preferire il recupero dell’immenso patrimonio sfitto ed inesorabilmente inutilizzato, dal quale siamo circondati (tanto pubblico quanto privato). Inoltre, nonostante l’accordo di project-financing, che risulta essere un connubio alquanto criticabile tra pubblico e privato, per la realizzazione di tali opere verrà anche pescato direttamente dalle tasche dei cittadini. Radere al suolo l’attuale pista di pattinaggio per edificare al suo posto la caserma e ricostruire un’altra pista dall’altra parte della città è insensato ed antieconomico per gli abitanti stessi della città, dato che gran parte dell’opera sarà finanziata da soldi pubblici: i nostri soldi.

Una città oggi deve riscoprire il senso del luogo, deve tornare ad essere lo spazio pubblico in cui, per dirla con Tasso, gli uomini e le cose si radunano per vivere felicemente. Il territorio è stato svenduto e mercificato ai privati, alle mafie, agli speculatori attraverso scelte avide e miopi nel lungo periodo. La città deve riappropriarsi del suo senso, deve essere una costruzione collettiva che faccia della partecipazione, della lotta alla cementificazione, della tutela ambientale e della rivalorizzazione sociale dei luoghi i suoi cavalli di battaglia. C’è necessità di ampliare e diffondere i meccanismi di governance cittadina e di far respirare un tessuto urbano, sempre più soffocato dalla speculazione edilizia, attraverso le pratiche del riutilizzo e della riqualificazione. Se un numero crescente di persone, agli albori del prevalere della sovranità economica su quella statale, si sente lontana dai suoi amministratori è solo perché questi non sono in grado di rappresentarle. Sono il frutto marcio di un “fare” approssimativo che non pensa in maniera collettiva, lontano dalle esigenze reali della comunità e preoccupato a garantirsi il futuro mandato, ammiccando come sempre ai potenti.

Centro Sociale Autogestito Fabbri


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